Mi chiamo Massimo Bernardi e faccio il giornalista da tanto tempo. Questa è “L’ITALIA (fa qualcosa alle persone). Oggi iniziamo con una storia surreale.
>> Overtourism <<
Etna
Qualcuno ha davvero pensato di farsi la grigliata sull’Etna. Con la lava, visto che c’era.
“A che punto si passa dall’overtourism all’autolesionismo?”, si è chiesta Rivista Studio.
Il migliaio di turisti che sono andati a sciare sull’Etna mentre era in corso un’eruzione ci sono andati molto vicini.
Le strade intasate e i parcheggi selvaggi hanno costretto la Protezione civile a mobilitare quattro associazioni di volontariato e l'intero corpo dei vigili urbani.
Tutto questo per cosa? Per ciò che spinge tutti a fare qualsiasi cosa in quest’epoca: pubblicare Storie esclusive su Instagram, magari di una grigliata accesa dalla lava dell’Etna.
>> Louis Vuitton + Da Vittorio <<
Che effetto fa?
Il 2 aprile Louis Vuitton aprirà il suo primo ristorante italiano a Milano, nello showroom al 2 di Via Montenapoleone.
Partner è la famiglia Cerea, sette stelle Michelin, di cui tre per il ristorante “Da Vittorio” a Brusaporto.
I locali saranno due: “Da Vittorio Café Louis Vuitton” e Il ristorante “DaV by Da Vittorio Louis Vuitton”, che avrà un’entrata autonoma in via Bagutta.
Lo scoop è di Gabriele Principato.
Non sei pronto. Se il tema sono i cliché fotografici italiani di cattivo gusto, qui siamo al cospetto di una geniale svolta comunicativa.
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» Torino 1 «
Salone del Vermouth
Non è più (e forse non lo è mai stato) il liquorino per vecchie zie che giocano a burraco sbocconcellando biscottini.
Il vermouth, nato a Torino nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano, vive una seconda giovinezza festeggiata da eventi come il Salone che inizia domani al Museo del Risorgimento.
Il successo è nei numeri: dal 2019, anno di fondazione del Consorzio, il fatturato è passato da 32,6 a 172,2 milioni di euro, la produzione da 2,6 a 6,8 milioni di bottiglie, con il 65% destinato all'export.
E i marchi più venduti al mondo? Tutti italiani, come certificato dalla rivista Drinks International. Nell’ordine: Cocchi, Cinzano e Carpano Antica Formula.
» Matera «
Il “ma chi te conosce” di Imma Tataranni
Immagini un legame stretto in stile Montalbano –> Camilleri –> Zingaretti.
Invece, in quella che doveva essere solo una noiosa conferenza stampa promozionale, sono volati gli stracci.
Vanessa Scalera, volto di Imma Tataranni (che torna domenica 23 su RaiUno con la quarta stagione), e Mariolina Venezia, autrice dei libri a cui è ispirata la fiction, hanno litigato a colpi di “Ingrata” e “Io non ti devo nulla”.
Dev’essere l’aria frizzantina di Matera.
>> Torino 2 <<
Quello che le altre città non hanno: il cioccolato
Dal 27 febbraio al 2 marzo in piazza Vittorio Veneto torna – rivisto e corretto – CioccolaTÒ.
A Torino i caffè storici sono capsule del tempo che hanno intrattenuto Cavour, Nietzsche, Hemingway e Picasso. Come quelli di Vienna e Parigi sono nati in periodi di grande fermento culturale, ma con una peculiarità che gli altri non hanno: il cioccolato.
Baratti & Milano, in Piazza Castello, dal 1858 “fornitore della Casa Reale. Interni Art Nouveau con stucchi dorati e tendaggi giallo senape che bordano le pareti finestrate. Ai torinesi piacciono maledettamente i cremini "quattro emozioni" con 4 strati di cioccolato diversi.
Stratta, altro regio fornitore in Piazza San Carlo dal 1836. Motivo preminente per frequentare il salotto buono della città? Le "gioie di Cavour", boule di cioccolato ripiene con granella di nocciole caramellate.
Pfatisch, aperto nel 1915, conserva ancora nel laboratorio i macchinari di inizio '900. I torinesi ci vanno soprattutto per il "festivo", torta meringata al cacao con crema chantilly al cioccolato.
Giordano, in Piazza Carlo Felice, produce cioccolato del 1897. Si stacca dalla concorrenza per le "giacomette", cioccolatini ispirati alla maschera di carnevale torinese.
Balzano agli occhi da Platti, aperto nel 1875, le tre sale in stili diversi: Luigi XVI, Anni '20 e Déco. Nel caffè frequentato da Cesare Pavese e dal futuro presidente della Repubblica Luigi Einaudi, spicca la torta di nocciole con cuore di cioccolato morbido.
Peyrano, in Corso Moncalieri, è una cioccolateria artigianale aperta nel 1915. Famoso per la crema all'arancio, soprattutto per le celeberrime lingue di gatto.
La tradizione passa anche dal bicchiere
Ai tempi dei Savoia al Caffè Fiorio di via Po, aperto dal 1780, i ministri dei regnanti venivano per sondare l’opinione pubblica: “cosa si dice al Fiorio?”. Qui, dove negli anni Trenta è nato il cono gelato da passeggio, i torinesi non si fanno mai mancare una cioccolata calda.
Al Bicerin, il caffè più antico della città, attivo dal 1763 in Piazza della Consolata, è un locale incorniciato da pareti in legno rivestite di specchi. Il rito è il Bicerin, un caffè “rinforzato” con cioccolato e crema di latte, versione semplificata della bavareisa, altra bevanda torinese.
Dov’è nato il gianduiotto
Caffarel, in Via Carlo Alberto, non è il posto dove nel 1826 è nato il gianduiotto, ma l’indirizzo del nuovo negozio Caffarel. Invece Pier Paul Caffarel ha inventato il cioccolatino icona della città nel suo laboratorio di via Balbis, sotto la Mole.
Cioccolaterie moderne
Oggi fare cioccolato a Torino significa soprattutto misurarsi con Guido Gobino e con il suo laboratorio di Via Lagrange 1. Un impero di praline dove il mini gianduiotto “Tourinot”, sbaraglia la concorrenza.
Guido Castagna, in Via Maria Vittoria 27, è il cioccolatiere contemporaneo più amato dai torinesi snob. I tartufi in tre versioni –gianduja, croccante e maraschino, sono in effetti, spaziali.
Di recente Davide Appendino, in Via Maria Vittoria 11, si è preso il centro della scena. Grazie alle sei tavolette ricavate da singole varietà di cacao.
Più decentrate
La specializzazione di Odilla Chocolat, in Via Fratelli Carle 38, è il "taglio a chitarra". Una tecnica francese che esalta il ripieno delle praline.
La Perla, in Via Catania 9, è invece un laboratorio artigianale noto per i tartufi. Specie il tartufo al triplo cioccolato, disponibile anche in confezione da un chilo.
Ziccat, bottega moderna in Piazza Borromini, si è fatta conoscere per il packaging elegante e vintage delle scatole di metallo. Piene soprattutto di praline e gianduiotti.
Nei miei canali Facebook e Instagram è andato virale questo video sul primo weekend di Carnevale a Venezia. Chissà se anche il secondo vedrà una città paralizzata, tra calli e ponti straripanti, servizi pubblici in grossa difficoltà e cittadinanza costretta a sopportare i disagi e arrangiarsi.
>> Mulino Bianco <<
50 anni
Il marchio di Barilla compie 50 anni. Trovo calzante un tributo al detestabile, amatissimo Mulino.
Il 97% degli italiani consuma i 140 prodotti Mulino Bianco, con 23 milioni di famiglie coinvolte (AstraRicerche) e un fatturato oltre il miliardo di euro.
È stata una buona intuizione creare quel marchio e, nel 1975, i primi 5 biscotti: Galletti, Tarallucci, Pale, Campagnole, Molinetti e Macine. Alcuni resistono ancora tra i bestseller.
I primi spot in bianco e nero (Carosello 1976) puntavano sulla nostalgia e sul senso di colpa degli italiani verso la natura e l’ambiente.
La svolta arriva nel 1990: Barilla affida la nuova campagna a Silvano Guidone (Armando Testa), Ennio Morricone e Giuseppe Tornatore, fresco dell'Oscar.
Serve un mulino vero, non più solo il logo di Giò Rossi. Niente set a Cinecittà, ci mancherebbe, lo slogan è “ritorno alla natura”.
Si girano le campagne dell’Italia centrale. Si fanno sopralluoghi. Materializzare il Mulino Bianco non è semplice.
Ma finalmente qualcosa si trova. A Chiusdino, in provincia di Siena. Un vecchio mulino. Il mulino delle Pile. Un rudere.
Non è bianco. Non ha la ruota. Ha una forma molto diversa da quella del mulino disegnato sui pacchi dei Pan di Stelle. Ha persino una specie di torretta.
Però va bene. Viene preso in affitto e trasformato perché la natura non basta. Si costruisce il set.
Per fare in modo che assomigli al logo, il rudere viene plasmato con strati e strati di cartongesso. La ruota non esiste, quindi bisogna costruirne una.
È gigantesca, quasi un’attrazione da luna park, viene appiccicata alla facciata.
I 3 biscotti più venduti
La nostalgia si riavvolge all’indietro e non fa distinzioni: riguarda tutti e ogni cosa. Non è in relazione con il valore degli oggetti perduti, si prova nostalgia anche delle cose banali, anzi soprattutto di queste.
3. Galletti. Rettangolari, bruttini col gallo segnavento in rilievo. Ricetta basilare, appena riscattata dai granelli di zucchero. La leggerezza (34 calorie/7,2g) era presunta data la presenza di margarina e sale. Difetto principale: si spezzavano molto. Familiari ma imperfetti.
2. Macine. Frollino mitologico del 1984: 63 calorie con panna, burro e margarina (bleah!). Subdolo per il buco in mezzo che era deduttivo ricoprire di Nutella, poi ci infilavi la lingua e spazzolavi. Ha contribuito alla fortuna l’inzuppo, assorbiva il caffelatte come una spugna.
1. Pan Di Stelle. Dal 1983, biscotti tondi al cacao con glassa e stelline (da 7 a 11 nel 1997). Il più grande successo del Mulino Bianco, diventato marchio indipendente con gelati, merendine e cereali. Un mini peccato di gola in 37 calorie, da mangiare grattando prima le stelle e poi ingoiando il disco intero tipo "Ringo".
Il link più cliccato della scorsa settimana è stato quello della crema pasticciera nei maritozzi di Iginio Massari che non piace ai romani.
» Guida Michelin «
Hotel più prenotati del mondo
Due hotel italiani sono tra i dieci più prenotati al mondo nel 2024. Ce lo ha detto la Guida Michelin nel suo linguaggio, pratico e concreto come un omaggio all’astrattismo lirico. Eccolo adattato per una migliore comprensione.
#7 Palazzo Experimental (Venezia)
Ha infuso un tocco di giovanile freschezza in una scena alberghiera che ne aveva un bisogno disperato. Non solo, l'Experimental Cocktail Club assicura una vita notturna stellare. Camera base: 171-207€, 4 stelle, situato alle Zattere (Dorsoduro) di fronte al Molino Stucky.
#6 The Hoxton (Roma)
200 camere in stile familiare ai Parioli. Posizione strategica: vicino alle attrazioni ma abbastanza decentrato per regalare uno spaccato autentico sulla vita romana contemporanea. Design ispirato al cinema italiano anni '50. Camera base: 230€.
Per oggi è tutto, ma tanto ci ritroviamo nella tua casella di posta giovedì prossimo.