Ciao, piacere, sono Massimo Bernardi, e questa è L’ITALIA (fa qualcosa alle persone), la newsletter su cibo, vino, ristoranti e i piccoli lussi della vita quotidiana in Italia che non possono essere comprati.
Oggi la prima notizia non è una buona notizia.
Trump ha imposto dazi al 20% sui prodotti italiani in essere dal 3 aprile. “Danni per 323 milioni l’anno”. (Repubblica)
Ne avevano già parlato in giro per il mondo, con particolare riferimento al vino.
Brunello, Chianti, Prosecco: è bastata la minaccia di Trump (dazi al 20%) per mettere in pausa le importazioni (New York Times).
Ci torneremo, adesso cambiamo argomento.
» Quando sei a Roma…«
Fai come farebbero volentieri i romani
Qualcuno butta lì, con una leggerezza che fa quasi male: “Sarò a Roma per qualche giorno, cosa dovrei mangiare?” Per te non è una domanda, è un campo minato. Chiunque se la caverebbe con un “mangia una carbonara qui”, due minuti e passa la paura. Ma tu no.
Dare buoni consigli non è mica facile: devi attaccare con qualcosa di straordinario, altrimenti perdi l’attenzione e sei finito. Poi devi rassicurare, ma senza essere troppo ovvio. Neanche troppo nerd. E mai mettere due piatti dello stesso ristorante di seguito, sarebbe come infilare due pezzi degli Steely Dan in una playlist (per quanto).
Regole su regole, e ogni scelta sbagliata ti perseguita. Non puoi neanche farti beccare mentre chiedi lumi a ChatGPT, qui c’è in gioco la tua reputazione.
Alla fine, dopo una notte di lotta interiore ––– “e se la trippa menta e pecorino fosse troppo scontata?”, hai partorito il decalogo che permetterà agli amici di tornare da Roma senza rimpianti. O almeno così speri.
#1 Cacio e pepe | Roscioli
La cacio e pepe con un bicchiere di vino al bancone delle meraviglie di Roscioli continua a farti sentire nella Roma vera. Piatto memorabile per varie ragioni, compresa la miscela di pepe nero macinato, con la varietà Sarawak profumata e potente.
#2 Trippa con menta e pecorino | Osteria della Trippa
Il nome è parzialmente fuorviante, Milano e Diego Rossi non c'entrano, qui sei a Trastevere. Il focus è sulla trippa –vera attrazione della festa–, sebbene esprimano una certa blasonatura gli altri capisaldi del quinto quarto e della tradizione romana.
#3 Carbonara | L’Arcangelo
Il più famoso primo piatto romano è fatto con i rigatoni e con una salsa cremosa, insaporita per l’80% da pecorino romano e per il 20% da un pecorino stagionato di Gavoi, in Sardegna, che raccogli in fondo al piatto. Ottima scusa per fare la scarpetta.
#4 Carciofi alla romana / alla giudia | Domenico dal 1968
All’Appio Latino si cavalca la veracità romanesca da oltre 40 anni. Per me? I carciofi così buoni sono una specie in via d’estinzione. Ma Domenico appaga diverse aspirazioni: trippa, animelle, coratella. Anche il pesce. Anche il vino.
#5 Spaghettone all’amatriciana | Santo Palato
Sarah Cicolini compra lo spaghettone da Lagano, pastificio romano, e i pomodorini da una micro azienda pugliese, l'Agricola Paglione. All’amatriciana più funky della città contribuiscono solo piccoli produttori, anche per guanciale e pecorino.
#6 Fettuccine al tortellino | Romanè
Il sapore evoca i tortellini ma sono fettuccine. Quasi fosse lo sceneggiatore di Breaking Bad, Stefano Callegari, fabbricante del Trapizzino, inserisce nel piatto un plot twist. La pasta all’uovo cotta nel brodo di carne come i tortellini viene mantecata con parmigiano, prosciutto e mortadella. Che dei tortellini sono il ripieno.
#7 Spaghetti alla gricia | Armando al Pantheon
Saluta le processioni guidate dalle bandierine alzate in direzione Pantheon. Rifugiati nell’ex bottiglieria rilevata nel 1961 da Armando Gargioli, dove la romanità, quella affettuosa “de na vorta”, è rimasta immutata. E dove c’è sempre una gricia al dente che salta in padella.
#8 Salsiccia di pesce | Dogma
Una coppia giovane, carina e occupatissima ha aperto Dogma, in zona San Giovanni, dove ogni piatto passa per la brace (o per un forno a carbone che fa tutto, dall’affumicatura a freddo al bbq). La formula prevede pesce povero o piatti innervati di personalità come i bottoni broccoli e arzilla, a prezzi competitivi.
#9 Maritozzo | Grappolo d’oro
Roma non è Milano, città di persone magrissime e fit che si sparerebbero pur di non ingerire carboidrati. A Roma trionfa il maritozzo. Persino nella trattoria vicino a Campo de Fiori adorata dai locali, con accompagnamento di zabaione e mandorle, o ricotta, o panna.
#10 Gnocchi fritti su crema di cacio e pepe
Puro repertorio romano nella trattoria di Monteverde Nuovo. Icone di affidabilità i primi, poi abbacchio, trippa al sugo e le mitiche polpette di bollito. Anch’io, come fanno tutti, chiedo ogni volta gli gnocchi fritti: sono bombette ripiene di una bontà rivoltante.
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» Faro «
Nel buio
Restiamo a Roma.
A sinistra un cornetto decongelato a base di margarina di olio di palma idrogenato o, bene che vada, «al sapore di burro» (ma senza burro).
A destra, un croissant con burro e ingredienti scelti, fatto da zero in 2 giorni di lavoro da una pasticcera esperta come Azzurra Florean di Faro, caffetteria romana che per la bontà delle cose che fa meriterebbe un giubileo laico.
Il cornetto costa 1 €, il croissant 2 €
Con quale dei due faresti colazione domattina?
» Il patto della carbonara «
Per misurare la gentrificazione
Ancora una cosa su Roma e poi basta, promesso.
Come si misura la gentrificazione, cioè il “cambiamento socio culturale di un’area urbana” (copyright Perplexity)? L’aumento del prezzo delle case è il primo indicatore, ma a Roma ne hanno preso in considerazione un altro: la carbonara.
Negli ultimi anni, il prezzo medio del più noto piatto capitolino è salito da 8 a 16 euro. Un aumento legato al turismo: 50 milioni di visitatori nel 2024, e 30 milioni di pellegrini attesi nel 2025 per il Giubileo.
El Pais è tornato sull’associazione locale che ha proposto il "Patto Carbonara", cioè la richiesta di non superare i 12 euro a piatto. Proposta accolta da alcuni locali, come Bottega Ciccone a Trastevere (11 €) o Augustarello (8-9 €).
Il Patto Carbonara richiama il Big Mac Index e la “burgernomics” che calcolano il costo del famoso hamburger di McDonald’s a seconda del paese.
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» Il doge di Amazon «
Il matrimonio del decennio
Il più rapido e informato sulle nozze di mezz’estate del doge di Amazon Jeff Bezos con l’ex giornalista Lauren Sánchez è stato il Guardian.
Il quotidiano di Londra ha anticipato il sequestro di Venezia per tre giorni, dal 24 al 26 giugno (i taxi, le gondole, gli alberghi di lusso), citando la “grande seccatura” dei veneziani per come Bezos prenderà in appalto la città senza badare a spese. (Con la maledizione di Reddit).
Chiamata in causa, l’amministrazione del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro è intervenuta per rettificare alcune affermazioni del Guardian.
Cos’ha scritto il Guardian
Venezia? L’anno scorso lo stilista Domenico Dolce ha segnalato al capo gabinetto del consiglio comunale che la coppia era alla ricerca di un luogo magico dove sposarsi.
Organizzazione. Se ne occupa l'agenzia londinese Lanza & Baucina, la stessa che aveva organizzato le nozze della figlia del magnate indiano Agarwal nel 2011, con 800 ospiti e l'esibizione di Shakira.
Prenotazioni. Gli organizzatori hanno prenotato completamente cinque degli hotel più lussuosi di Venezia e riservato l’intera flotta di taxi acquatici della città, oltre a un molo per il mega-yacht di Bezos, proprietario anche del Washington Post e della Metro Goldwyn Mayer.
Hotel. Gli hotel veneziani prenotati per intero sono: Danieli, Gritti Palace, Aman, Belmond Cipriani, St Regis.
Chef. Per il momento sono solo voci. Si va da Massimiliano Alajmo a Massimo Bottura passando per Alessandro Borghese. Deciderà, ovviamente, Lauren Sánchez.
Invitati. Sono attesi 250 ospiti al giorno. Tra gli invitati famosi figurano: Kim Kardashian, Oprah Winfrey, Eva Longoria, Leonardo DiCaprio e Orlando Bloom con la sua fidanzata, Katy Perry. Anche la figlia di Trump, Ivanka, e suo marito, Jared Kushner, sarebbero stati invitati.
Luogo. Non è chiaro dove si svolgerà il matrimonio. Potrebbe tenersi nel Palazzo Ducale, anche se manca per ora una richiesta ufficiale. Altro luogo probabile? La Fondazione Cini sull'isola di San Giorgio, perfetta per la privacy degli sposi e dei loro ospiti famosi. Ma l’ipotesi più credibile è il super yacht da 500 milioni di Bezos, il Koru, dove due anni fa ad Amalfi Bezos chiese la mano di Sànchez.
Sindaco. Luigi Brugnaro si è detto soddisfatto per la spinta economica che l’evento porterà alla città, stimata in diverse migliaia di euro.
Veneziani. Più che entusiasti per la densità di celebrità, i veneziani si dicono esasperati per i problemi che causa il turismo di massa. Il matrimonio Bezos - Sànchez è l’ennesima imposizione che si apprestano a subire.
Cos’ha rettificato il sindaco
«Le tante notizie e informazioni che circolano sul matrimonio di Jeff Bezos sono del tutto infondate. Ci saranno circa 200 invitati, per cui sarà facile per Venezia accogliere l'evento, senza stravolgimenti per la città, i residenti o i turisti.
La flotta di taxi prenotati è di una trentina di mezzi, gli organizzatori ci hanno assicurato che l’evento sarà rispettoso della fragilità e dell’unicità della città. Per questo lavoreremo con loro al meglio».
Matt Damon
Christopher Nolan continua a dirigere i lavori a Favignana sul set di "The Odyssey".
Le riprese di Odyssey a Favignana
» Opinione impopolare «
10 colombe per cui vale la pena spendere più di 40 euro
Da uno che ha maneggiato fogli Excel con 100 colombe di Pasqua da testare in 2 giorni, te lo dovevi aspettare. Okay, la colomba non ha dietro l’hype internazionale del panettone. E in molti, meno snob, la comprano nelle Ipercoop e nelle Esselunga.
Ma te lo chiedo lo stesso: 1) Conosci queste 10 colombe? 2) Ne conosci altre per cui, forse, vale la pena spendere oltre 40 €?
#1 Vincenzo Tiri | Tiri
Il tempo, si dice filosofeggiando, è il vero lusso della nostra epoca, dunque, semplifica, non sprecarlo con liste come questa. Compra la miglior colomba artigianale italiana e stop. Lascia agli altri il rimpianto di sbagliare.
#2 Andrea Tortora | AT Patissier
Le colombe di Andrea Tortora, ex St. Hubertus, 3 stelle Michelin, sono diverse. Non è un modo di dire: un paio hanno la forma dell’uovo di Pasqua (infatti si chiamano “uovo di Tortora o “pand’uovo”). Chiarito questo, sono gioiellini da knockout.
#3 Roberta Pezzella | PezZ de Pane
La colomba di Roberta Pezzella di PezZ de Pane a Frosinone, già guida del laboratorio di Gabriele Bonci (vista con lui su Netflix), è legata a doppio filo agli ingredienti. Burro (Fiandino), uova (Conca bio sgusciate a mano), miele (Thun). O l’uva passa di Pantelleria —piacere allo stato puro— qui assente, a differenza del panettone.
#4 Simone De Feo | Cremeria Capolinea
Un tempo i milanesi erano spiritosi. Prima di startup e “revenues”, dicevano a chi si improvvisava esperto: “Ofelè fa el to mesté”. Oggi, però, chi lo direbbe a Simone De Feo? Venditore di gelati per mestiere, si è preso bene con colombe e panettoni superando molti pasticcieri dai brand super cool.
#5 F.lli Gardellin | Pasticceria Gardellin
Ascolti “Primavera” di Marina Rei (cover di “You to Me Are Everything” dei Real Things) e ti appare il profilo aromatico di questa colomba, fatta dai fratelli Gardellin nella pasticceria di famiglia a Curtarolo (PD). Annusare la crosta di questo dolce da satanassi fa venir voglia di buttare interi scaffali di profumi.
#6 Pietro Macellaro
Cosa lega una fattoria bio a Piaggine (Salerno) alla colomba? Il Sud, dove da anni si è spostato l’epicentro dei grandi lievitati, e l’audacia creativa di Macellaro. Che usa per di più: grano dei suoi campi, uva sultanina delle sue piante, miele dei suoi alveari, ortaggi dei suoi orti.
#7 Achille Zoia | Boutique del dolce
Quando il panettone era solo milanese, Achille Zoia, milanese doc, era già un venerato maestro per le torte e i torroni che illuminano ancora la sua pasticceria di Cologno. Soprattutto per il panettone (fuori scala il “paradiso alle noci”), accanto alla colomba.
#8 Francesco Bedussi | Bedussi
Nata come gelateria nel 2011, oggi Bedussi è un open space dove si pranza e cena. Cambiamento dovuto all’energia di Francesco Bedussi, autore di questo sortilegio di lievitazione chiamato colomba, invaso da una giungla salgariana di canditi.
#9 Iginio Massari
Alla sua bella età Massari è ubiquo: apre nuovi pop-up, benedice eventi (ben retribuito), scrive libri, imperversa su social e tivù. Cosa ci dice tutto questo? Forse che il segreto dell’eterna giovinezza sta nel vendere (ottime) colombe aspirazionali agli yuppies di questi anni.
#10 Fiorenzo Ascolese | Ascolese
Dalla provincia di Salerno, ecco Fiorenzo Ascolese, vincitore seriale delle competizioni sui migliori lievitati delle feste, che continua a sfornare panettoni svettanti e placide colombe con la sicurezza di chi non ha mai fatto altro.
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» La manna «
Ripiove dal cielo
Nella newsletter di settimana scorsa, parlando della Via dei Frati, fascinoso cammino nella Sicilia più selvaggia, ho sfiorato l’argomento manna. Guarda caso, proprio in queste ore, se n’è occupata Vittoria Traverso sul sito della BBC. Titolo del pezzo: “The return of Sicily’s ancient ‘white gold’ “. Riassunto:
La manna è una resina dolce estratta dal frassino (Fraxinus ornus) nelle montagne della Madonie, a circa 65 km da Palermo. Ricca di mannitolo, un alcol zuccherino con proprietà dolcificanti e diuretiche, ha un sapore che ricorda lo zucchero di canna con sfumature di mandorla.
La produzione è guidata da Giulio Gelardi, un agricoltore siciliano che ha imparato l’arte della raccolta da bambino, tramandata dalla sua famiglia a Pollina, un piccolo borgo medievale di 3.000 abitanti nelle Madonie.
La produzione è un processo artigianale: nei giorni più caldi dell’estate, la corteccia viene incisa con falcetti fatti a mano, la linfa sgorga e si solidifica in cristalli bianchi, spesso raccolti su steli di fico d’India essiccati. Questi vengono poi trasformati in coni chiamati "cannoli", nome che richiama il celebre dolce siciliano.
Durante il Rinascimento la manna era un commercio redditizio, tanto che il Regno di Napoli impose tasse sulla sua vendita nel XVI secolo. La raccolta è quasi scomparsa dopo la guerra, sostituita dalla sintesi chimica.
Oggi la manna vive una rinascita come prodotto artigianale e di nicchia. Chef e pasticceri siciliani la impiegano nei dolci, abbinata alle mandorle tostate, o come ingrediente di salse delicate per accompagnare formaggi locali.
Era l’ultima per oggi. Con L’ITALIA (fa qualcosa alle persone) ci ritroviamo giovedì prossimo. Passa una buona settimana.